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| cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale | |
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ceghe Admin
Numero di messaggi : 55 Data d'iscrizione : 24.11.07
| Titolo: cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale Mar Mar 25, 2008 6:14 pm | |
| documento elaborato dalle tre associazioni regionali della Cooperazione Sociale e sottoposto alle/ai candidate/i alle prossime elezioni regionali. - Citazione :
- A.G.C.I. – Solidarietà regionale del FVG
Via Daniele Moro, 22 33100 Udine C.C.I. – Federsolidarietà regionale del FVG Via Marsala, 66 33100 Udine Legacoopsociali regionale del FVG Via Cernazai, 8 33100 Udine La Cooperazione Sociale e la prossima legislatura regionale Il settore è da sempre uno dei biglietti da visita della nostra Regione, fattore di innovazione ed eccellenza europea. Gli oltre 8.300 occupati, di cui oltre novecento persone con problematiche di svantaggio e di disabilità, testimoniano di un settore importante in termini quantitativi e qualitativi, per la creazione di salute e benessere e per le politiche di inclusione sociale. La Cooperazione Sociale è diventata ormai protagonista della ideazione e gestione delle politiche di Welfare regionali, partecipe in forma crescente in tutte le sedi di confronto ad esse dedicate. La Cooperazione Sociale regionale unisce al suo carattere innovativo e sperimentale un ruolo importante e consolidato sul territorio nell’attuazione delle politiche di coesione sociale e di promozione di nuovi percorsi lavorativi qualificati. Lasciatasi alle spalle e rifiutati programmaticamente ruoli subalterni di mera esecuzione ed intermediazione di manodopera, la Cooperazione Sociale ambisce ad un ruolo di protagonista di primo piano nei vari tavoli regionali e locali che contribuiscono alla definizione delle politiche in materia sanitaria, sociale, educativa e di inserimento lavorativo. La passata legislatura è stata ricca di provvedimenti legislativi che hanno dato nuove e migliori regole sia alle Cooperative Sociali che all’insieme del Welfare, avviando in maniera organica una nuova fase di strutturazione dell’integrazione sociale e sanitaria. La priorità della legislatura 2008-2013 non è una nuova elaborazione legislativa (con un’eccezione importante: il codice dei contratti, dove si attende la sanzione della prevalenza della legislazione speciale di settore, dalle l.r. 6/2006 e 20/2006 alla legge 381/1991, prevista dagli artt. 27 e 28 del Disegno di legge approvato dalla Giunta Regionale), quanto nell’emanazione dei provvedimenti regolamentari applicativi e nell’adozione di pratiche amministrative coerenti da parte della Pubblica Amministrazione locale. Vogliamo sottolineare come l’emanazione dei regolamenti regionali dovrà seguire un percorso concertato e condiviso con le associazioni del settore, superando quegli episodi – purtroppo accaduti anche recentemente – di iniziative autonome da parte degli uffici, che creano difficoltà e ritardi alle cooperative sociali e costringono l’amministrazione regionale a laboriose pratiche di adattamento e correzione dei provvedimenti adottati. Gli obiettivi per il prossimo quinquennio sono lo sviluppo dell’integrazione sociale e sanitaria e la qualificazione delle Cooperative Sociali. Saranno centrali le norme attuative delle lr. 20/2005, 6/2006 e 20/2006, quali le procedure per l’accreditamento delle strutture e l’atto di indirizzo per gli affidamenti di servizi al Terzo Settore. In tali documenti, insieme alla diffusione delle “buone pratiche” nell’azione degli Enti Locali e delle varie strutture della Pubblica Amministrazione regionale, vediamo la possibilità concreta di “uscire dalla necessità dell’appalto”, vero limite al dispiegamento delle possibilità del settore. Se i Piani di Zona appaiono come il luogo fisico ed istituzionale per l’attuazione di nuove procedure di affidamento e di co-progettazione fra pubblico e cooperazione sociale (e di individuazione di significative quote di affidamenti di lavori, forniture e servizi alla cooperazione di inserimento lavorativo), vanno posti limiti alla crescita di fenomeni incongrui (a causa della sovrapposizione nel loro agire di caratteri pubblicistici e privatistici): come le Asp, che stanno ampliando le loro competenze anche al di là dei limiti di legge e producono fenomeni massicci di intermediazione di manodopera. Una proposta – oltre a quella scontata del rispetto rigoroso della legislazione vigente, e della necessità di scegliere fra l’assunzione del personale “in house” o l’affidamento globale dei servizi – potrebbe essere quella dell’ingresso istituzionale della Cooperazione Sociale negli organismi delle Asp, come forma di coprogettazione e garanzia del settore. Va però rilevato come sia inaccettabile che questi enti stiano ampliando la loro area operativa, spesso sostituendosi alle strutture di partecipazione democratica preposte alla programmazione e gestione dei servizi territoriali, vanificando il grande lavoro in corso di realizzazione: è quindi quanto mai necessario fissarne e ridimensionarne gli spazi operativi, per un interesse generale alla realizzazione di quella gestione partecipata che sta alla radice dei processi di riforma sanitaria e sociale. Altrettanto importante il sostanziale rifinanziamento della lr. 20/2006, senza il quale le importanti previsioni di ampliamento dell’area dell’inclusione lavorativa e della qualificazione dei servizi non potranno trovare risposta nella realtà. Le possibilità offerte dal raddoppio del tetto del “de minimis” e dalle nuove previsioni di sviluppo degli affidamenti di lavoro finalizzato alla cooperazione sociale “B” (fra cui emergono le opportunità create dagli appositi incentivi regionali agli enti pubblici ed alle aziende partecipate) sono oggi inapplicabili di fronte ad un congelamento dei finanziamenti al livello “storico”, quando la necessità sarebbe al minimo di un raddoppio. Il finanziamento al sociale non può essere messo in coda, dopo i rilevanti finanziamenti all’economia “tradizionalmente imprenditoriale” (e profit) della regione. Vanno risolti alcuni punti ancora controversi, per i quali la nostra Regione deve diventare protagonista, come per il passato, del dialogo con l’Unione Europea, in particolare riguardo al superamento dei limiti del “de minimis” per gli investimenti della Cooperazione Sociale, gli inserimenti lavorativi e la formazione del settore, ed al riconoscimento del settore, solo marginalmente rappresentato dalla nozione europea di “laboratorio protetto”. Si pongono alcuni problemi consistenti relativi al mercato del lavoro delle operatrici e degli operatori sociali, per i quali sono necessari provvedimenti di creazione di ammortizzatori sociali specifici ed una modifica delle modalità di programmazione della formazione professionale e della definizione dei profili di ingresso degli operatori: a) servizi educativi, assistenza scolastica e domiciliare ai minori. Si manifestano sistematicamente situazioni di mancanza di lavoro legate alle assenze per malattia dei minori assistiti, che costringono senza programmazione i lavoratori ad astenersi dal lavoro senza retribuzione (solo un Ambito Sociale, in Regione, prevede nel capitolato d’appalto l’impiego alternativo e la corrispondente retribuzione per il personale in questi casi). La situazione è aggravata dal fatto che il personale è generalmente impiegato a tempo parziale, ma con orari rigidamente vincolati dalle prestazioni ai diversi utenti, rendendo spesso difficile la mobilità interna; b) assistenza residenziale agli anziani ed ai portatori di handicap. Si manifestano altrettanto sistematicamente situazioni di dichiarazioni di non idoneità ai sensi del D. Lgs. 626, come effetto dei pesanti carichi fisici da mobilizzare. Alla dichiarazione di non idoneità non corrispondono forme di integrazione salariale o di indennità pensionistica. La mobilità interna è ostacolata dal fatto che si tratta di personale generalmente con scarsa scolarizzazione (a fronte della necessità di un titolo di Laurea in Scienza dell’Educazione o titoli equipollenti, generalizzata nel settore richiamato al punto precedente), e dal diffuso inquadramento a tempo pieno. Per questi motivi iniziano a manifestarsi situazioni in cui le Cooperative – in mancanza di iniziative di riconoscimento di equipollenza dell’anzianità di servizio ai titoli, e di formazione e riqualificazione – sono costrette a licenziare il personale non idoneo; c) cooperative sociali “B”: si pone il problema della definizione della figura dell’operatore dell’inserimento lavorativo. E della presenza di lavori fisicamente pesanti (pulizie, facchinaggio, manutenzioni, ecc.) per i quali si pongono gli stessi problemi indicati al punto precedente. In tutti questi casi, si tratta anche di andare alla definizione di provvedimenti di riconoscimento dell’anzianità maturata dalle operatrici e dagli operatori del settore, in mancanza di titoli di formazione professionali definiti successivamente od ancora non presenti. Uno strumento è anche la concertazione con le Università di percorsi di laurea che tengano conto dei crediti formativi acquisiti in servizio. Vanno individuate le soluzione per porre rimedio allo stato generale di incertezza degli operatori del settore quanto alle loro qualifiche e mansioni. Ne sono clamorosi esempi la strutturale carenza di OSS nei servizi sociali territoriali ed istituzionali, ma anche l’indeterminatezza degli spazi operativi degli OSS e degli educatori quanto alla distribuzione dei farmaci, vero e proprio tormentone nei servizi sociali pubblici, destinati alla progressiva paralisi in presenza dell’attuale definizione delle competenze rigidamente attribuite agli Infermieri Professionali. Il rapporto fra Pubblica Amministrazione e Cooperazione Sociale non può non tener conto delle dinamiche di tipo sindacale del settore, cronicamente in ritardo nella definizione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro ed in difficoltà nel reperire le risorse per attuarlo. A tal fine, va garantita e generalizzata la necessità di prevedere negli affidamenti di servizi risorse economiche tali da retribuire adeguatamente le operatrici e gli operatori e da parificare progressivamente le retribuzioni con quelle dei dipendenti pubblici, abbattendo così quel tasso di turn-over nel settore che costituisce uno dei principali ostacoli alla crescita della qualità delle prestazioni rivolte all’utenza. Nell’ambito di questo ragionamento è necessario sia garantita in ogni procedura di affidamento la revisione prezzi comprensiva del riconoscimento degli adeguamenti periodici derivanti dalla contrattazione nazionale e di II livello. Le retribuzioni della Cooperazione Sociale costituiscono una vera e propria emergenza salariale, e contraddicono alla grande professionalità ed anche spesso allo sforzo fisico dovuto a carichi di lavoro ed a turni gravosi. Le lavoratrici ed i lavoratori del settore hanno diritto a certezze! La stessa vicenda dell’ennesimo ritardo strutturale nel rinnovo del CCNL di settore (le organizzazioni sindacali nazionali hanno proceduto a presentare la piattaforma con due anni di ritardo) pone la questione di implementare lo spazio della contrattazione integrativa regionale, per garantire e recuperare quanto perso a livello nazionale. In tale quadro appare opportuno anche prevedere forme di certificazione regionale del costo del lavoro, integrative di quelle previste dalla legislazione nazionale. Certificazione che deve costituire il riferimento non solo per la valutazione del costo del lavoro minimo in sede di affidamenti od appalti, ma anche nel caso di convenzioni su progetto e per gli interventi finanziati direttamente dagli enti all’utenza, come nel caso del Fondo per l’Autonomia Possibile e degli accreditamenti. Si pone anche la questione di ridiscutere dell’assetto istituzionale del settore. E’ coerente con lo sviluppo e le finalità della Cooperazione Sociale l’inquadramento all’interno dell’Assessorato alle Attività Produttive? Non apparirebbe più coerente (fermo restando il mantenimento all’interno delle Attività Produttive dell’attività istituzionale di vigilanza) il trasferimento alla Salute e Promozione Sociale? Parimenti, il trasferimento alle Amministrazioni Provinciali (ente per il quale si continua a discutere di superamento) non appare nella maggior parte dei casi un fattore di spreco di risorse e di inefficienza? Più in generale, si pone il problema della dotazione degli organici degli uffici che seguono le pratiche in materia socio-sanitaria-educativa: l’esperienza di questi anni ha rilevato come il principale limite nella relazione fra associazioni e cooperative sociali, da un lato, ed amministrazione regionale, dall’altro, è stato costituito proprio dal ridotto organico del personale preposto, con la conseguente poca disponibilità di tempo per seguire le molteplici pratiche e scadenze. | |
| | | ceghe Admin
Numero di messaggi : 55 Data d'iscrizione : 24.11.07
| Titolo: Re: cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale Mer Mar 26, 2008 11:48 pm | |
| da: http://www.itaca.coopsoc.it/node/1452 - Citazione :
- Illy: Per le Cooperative sociali all'Unione Europea
Mer, 26/03/2008 - 16:17 da Fabio Della Pietra Impegno della Regione Friuli Venezia Giulia a portare all’attenzione dei massimi vertici dell’Unione Europea la questione del superamento dei limiti del “de minimis” per gli investimenti della Cooperazione sociale regionale. Lo ha annunciato il 26 marzo scorso il candidato a governatore per il centro sinistra, nonché presidente uscente del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, intervenendo presso la Casa della pietra di Duino Aurisina all’incontro con le Cooperative sociali regionali organizzato dalle tre centrali cooperative del Fvg A.G.C.I. – Solidarietà regionale, C.C.I. – Federsolidarietà regionale e Legacoopsociali regionale. All’incontro, che ha visto riunita una folta rappresentanza delle Cooperative sociali del Friuli Venezia Giulia, era presente anche l’assessore regionale uscente alla salute e protezione sociale, Ezio Beltrame.
Il presidente di Legacoopsociali Fvg, Gian Luigi Bettoli, ha presentato i lavori introducendo l’incontro-confronto tra i candidati alla presidenza (in via di definizione un appuntamento analogo con il candidato Renzo Tondo per il centro destra) sulle tematiche del settore e ha altresì fatto riferimento al documento elaborato dalla Cooperazione sociale (ed inviato ad entrambi i candidati) nato attraverso un confronto dal basso. Un manifesto profondamente unitario - ha sottolineato Bettoli -, che parte dalla considerazione che la Cooperazione sociale in regione è ormai divenuta non solo un punto di riferimento ma, di più, un punto avanzato all’interno del movimento cooperativo nazionale. In questo quinquennio l’Amministrazione regionale si è caratterizzata - ha evidenziato - come un interlocutore diverso rispetto a quella precedente. Il reciproco rapporto instauratosi con assessori estremamente corretti ed onesti nel lavorare con noi è stato un’ottima base di partenza, interlocutori che giudichiamo in maniera estremamente positiva. Restano tuttavia delle questioni aperte, dei nodi da sciogliere nel prossimo futuro soprattutto dal puto di vista degli atti attuativi. L’auspicio –ha chiosato Bettoli - è che questo tipo di confronto possa continuare negli anni futuri.
Dario Parisini, presidente di Federsolidarietà Fvg, partendo dal documento unitario predisposto della Cooperazione sociale regionale, ha evidenziato che la stagione appena conclusa è stata estremamente importante dal punto di vista legislativo. Sono stati cinque anni significativi, la Regione ha promosso una serie di norme molto importanti per il nostro movimento – ha affermato -, costituendo un patrimonio normativo considerevole. Per il prossimo futuro chiediamo non tanto altre norme, eccezion fatta per quella relativa ai codici degli appalti, ma soprattutto l’applicazione di quelle già elaborate: è tempo che si passi dalle norme ai provvedimenti applicativi. Tra i principali nodi da sciogliere la questione dei Piani di zona, bisogna ora rendere applicabile il principio della sussidiarietà affinché la Cooperazione sociale divenga protagonista nella programmazione degli interventi sul territorio. Da affrontare in maniera compiuta anche il ruolo delle Asp, per le quali Parisini ha segnalato alcune criticità nei rapporti sul territorio regionale con alcune di esse: vanno definiti i ruoli delle Asp e della Cooperazione sociale. Tra i desiderata anche il necessario rifinanziamento della legge 20, per la quale attualmente sono previsti circa 2 milioni di euro l’anno, e la non più differibile esigenza di far crescere in particolare la Cooperazione sociale ‘B’ di inserimento lavorativo. Chiediamo inoltre che la Regione si faccia parte attiva nell’applicazione del de minimis - ha sottolineato Parisini - rispetto ai finanziamenti che possiamo ottenere, gli incentivi dati alla Cooperazione sociale sono alla fine investimenti di natura pubblica. Il presidente di Federsolidarietà Fvg ha anche toccato il tema della qualifica e del riconoscimento degli operatori delle Cooperative sociali che, a parità di incombenze, professionalità e livello portano a casa molto meno degli operatori pubblici. Ancora sui livelli retributivi, ha ricordato come il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Cooperative sociali sia abbondantemente scaduto (da due anni), ponendo l’accento sulla necessità di parificare i livelli del pubblico e del privato-sociale: le stazioni appaltanti devono inserire negli appalti valori economici congrui con questo principio. Sono inoltre necessari – ha ricordato - ammortizzatori sociali per alcune specifiche attività svolte sul territorio, ad esempio per chi opera con anziani o disabili. Per ciò che concerne l’assetto istituzionale del settore, oggi la Cooperazione sociale è inserita all’interno delle attività produttive della Regione, noi ci sentiamo sì anche un soggetto economico – ha evidenziato - ma un po’ l’ultima ruota del carro. Come è comprensibile, prima vengono problemi del commercio, dell’industria, se fossimo collocati all’interno delle politiche sociali forse troveremmo la sede giusta.
Il presidente uscente della Regione Fvg, Riccardo Illy, ha esordito spiegando la strategia seguita nei trascorsi cinque anni e quella futura in caso di vittoria alle prossime elezioni regionali. Vogliamo puntare al rilancio dell’economia della regione – ha affermato -, perché l’economia produce occupazione e aumento delle risorse. Tra i punti di forza dell’eventuale prossimo mandato Illy intende dedicarsi con più attenzione alla questione della coesione sociale che, assieme allo sviluppo economico, sono aspetti che si sostengono a vicenda. Nei primi tre anni abbiamo soprattutto rilanciato l’economia regionale – ha dichiarato -. In quattro anni le entrate sono aumentate di 550 milioni di euro, ciò ha consentito di approvare diverse leggi come quelle sul buon lavoro, sull’immigrazione, sul riordino dei servizi sociali, o il finanziamento del fondo per la non autosufficienza. Abbiamo compiuto un intervento strutturale sulla spesa sanitaria- ha successivamente rilevato -, costituendo l’azienda ospedaliera universitaria prima a Trieste poi a Udine. La dinamica della spesa sanitaria è oggi sotto il 4% mentre quella nazionale è pari al 7%. In futuro realizzeremo una ulteriore razionalizzazione della rete delle aziende territoriali, da sei intendiamo ridurle a tre, ma procederemo anche alla totale informatizzazione dei servizi sanitari attraverso la messa in rete delle strutture. Da questo ci si attende un ulteriore miglioramento nella qualità del servizio. Illy ha altresì ricordato la già avvenuta approvazione del testo unico sulla Cooperazione, rammentando che il codice appalti - che so essere importantissimo - è già pronto, come del resto la legge sul riordino delle aziende territoriali. Riguardo al problema del de minimis, non ha inteso innestare grandissime speranze: cercheremo di convincere l’UE ed i suoi massimi vertici per far uscire gli aiuti per le Cooperative sociali, ma non voglio illudervi sul risultato. Il presidente uscente della Regione ha concluso il suo intervento ringraziando l’intero sistema della Cooperazione sociale del Friuli Venezia Giulia per la collaborazione data sin qui all’Amministrazione regionale, nonché per il positivo lavoro svolto soprattutto nella gestione dell’attività quotidiana in campo sociale e sociosanitario.
Ezio Beltrame, assessore regionale uscente alla salute e protezione sociale, dal canto suo ha ricordato gli obiettivi raggiunti in questi anni grazie anche all’universo della Cooperazione sociale. Tra le parole chiave del suo assessorato ha ricordato il sostegno alla natalità, la necessità di combattere la precarietà, ma anche prevenzione e ricerca. Beltrame ha poi richiamato che i servizi di assistenza domiciliare oggi vengono attuati a favore di 42 mila persone, i 2000 posti in più negli asili nido, le 64 h/settimana erogate dai servizi sociali (il dato di partenza era di 42), lo screening preventivo cui oggi si sottopone l’80% delle donne, tutti segnali oggettivi di cambiamento legati alla vita di ogni giorno. Articolate le puntualizzazioni dell’assessore uscente scaturite da diversi interventi giunti dalla platea delle Cooperative sociali presenti. Piani di zona: il processo riguardava una partenza dal basso, coinvolgendo tutti gli attori del territorio. Se ancora si rilevano alcune criticità, queste vanno certamente risolte, ma l’esperienza dei Pdz è importante. In alcuni distretti (periferici) ha avuto successo, in altri (più grandi) è ancora da perfezionare. Bisogna capire perché non ha funzionato e spingere verso orientamenti più positivi e innovativi. L’idea iniziale resta però positiva, ossia quella di una programmazione che deve nascere dal basso e partire dalle esperienze del territorio. Appalti e offerta economicamente più vantaggiosa: nelle amministrazioni serve una programmazione che guardi al futuro non all’immediato. Rientra tra gli obiettivi che le amministrazioni si attengano a quanto previsto dalla legge 6, per far ciò è necessario spingere ad un cambiamento della cultura, innovazione partita con le leggi ma che oggi deve proseguire con il monitoraggio costante. E’ opportuno che si superi la logica delle gare d’appalto, ma vanno stabiliti dei termini, bisogna andare verso l’affidamento diretto dei servizi alla persona. Il punto è verificare se siamo sufficientemente maturi per un mercato sociale aperto dato che, come servizi pubblici, la Regione non è in grado di dare risposta a tutti i problemi della popolazione. Contribuzione: l’amministrazione regionale è disponibile a trovare altre soluzioni, l’art. 14 della legge 20 va rifinanziato in maniera importante, soprattutto per l’inserimento delle persone svantaggiate dobbiamo dare un sostegno maggiore di quello attuale. Asp: non si poteva scegliere la strada dell’immobilismo sulla questione Ipab, la legge 19 ha messo ordine prima vi era una organizzazione troppo frastagliata. Molte Asp hanno però pensato il loro ruolo in maniera sbagliata, i Comuni dovrebbero creare collaborazioni con le imprese del territorio non fare intermediazione di manodopera.
In conclusione il presidente di Legacoopsociali Fvg, Gian Luigi Bettoli, ha ricordato che sebbene in questi anni non si siano risolti tutti i problemi, è partita tuttavia una grande esperienza di democrazia sintetizzabile, ad esempio, nei Piani di zona, nella legge 23 che ha avuto il merito di riportare in Friuli Venezia Giulia lo sviluppo del processo della legge 328. Nei Pdz certo sono rilevabili alcuni limiti, ma quella era l’unica via per far sedere tutti gli interlocutori ad un tavolo comune, resta comunque un’esperienza che va affinata attraverso il setaccio di quelle migliori. Non abbiamo bisogno di nuove leggi ma di portare avanti quella rivoluzione culturale per il cambiamento dei processi mentali, prima che istituzionali, che ci consenta di far funzionare la macchina sociale a pieno regime. Noi come Cooperazione sociale siamo protagonisti, nel rapporto con le istituzioni siamo indubbiamente cresciuti anche a livello di autocoscienza. Per il futuro siamo obbligati a crescere ancora, è ora necessario investire sulle professionalità e sulle strutture. La Cooperazione sociale del Friuli Venezia Giulia pretende di avere non solo attenzione ma anche risposte pesanti dal punto di vista economico, siamo un settore importante dell’economia regionale che, come tale, va trattato. | |
| | | ceghe Admin
Numero di messaggi : 55 Data d'iscrizione : 24.11.07
| Titolo: Re: cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale Mer Apr 16, 2008 11:51 am | |
| nonostante i sindacati abbiano appoggiato Veltroni e già si possa parlare di possibile fusione delle centrali cooperative (organiche al pd ovviamente) la destra ha stravinto le elezioni a livello nazionale ma anche regionale. il movimento legacooperativo (che però è rosso e non verde...) però aveva già visto lungo e (mentre alcuni esponenti di cda di coop rosse si spostano in spa di area berlusconiana) le centrali cooperative avevano chiesto e strappato nelle scorse settimane al neorigovernatore della regione fvg Tondo dichiarazioni di intenti circa la cooperazione sociale (Tondo pare metterà come assessore alla sanità l'attuale presidente della Consulta regionale delle Associazioni dei disabili del Friuli Venezia Giulia, Vladimir Kosic) che riporto di seguito... vedremo se saranno solo chiacchiere... in realtà già lo sono dal momento che mi pare siano dichiarazioni molto vaghe... comunque ecco quanto detto: Tondo: Maggiore concertazione tra Regione e Coop sociali - Citazione :
"Purtroppo il susseguirsi di impegni e l’incalzare della campagna elettorale, non mi consentono di aderire all’invito rivolto, a nome di tutte e tre le Centrali cooperative, di partecipare a un incontro pubblico. Non volendo il mio essere assolutamente un atteggiamento di "snobismo" nei confronti di un movimento, quello cooperativistico sociale, ssolutamente importante per la nostra amata Regione, rispondo con alcune note al documento" redatto dai massimi rappresentanti delle tre Centrali Cooperative regionali. A parlare è Renzo Tondo, candidato alla presidenza della Regione Friuli Venezia Giulia per il centro destra. "Innanzitutto devo evidenziare che ad oggi, nell’ambito dei livelli superiori delle varie Amministrazioni Comunali, manca ancora una certa sensibilità nel riconoscere l’importanza del ruolo della cooperazione sociale di tipo B e delle modalità di riconoscimento e valorizzazione di quei soggetti che si fanno carico, più di altri, delle persone con problematiche di svantaggio e di disabilità -dichiara Tondo-. Gli appalti tendono ancora a pesare criteri basati sul dimensionamento e sugli indici di struttura, a scapito della piccola e media cooperazione sociale, anche emergente. In questo scenario (profondamente cambiato negli ultimi 10 anni), le procedure di affidamento dei servizi rappresentano sempre più delle piattaforme di consolidamento e di rilancio per tutti quei soggetti di grosse dimensioni, molti dei quali sono lontani dalle politiche di inclusione sociale e di promozione degli inserimenti lavorativi di persone svantaggiate.
Questo fenomeno, sempre più frequente anche nella nostra regione, tende a penalizzare la crescita ed il radicamento delle piccole e medie realtà, il cui trattamento fiscale, normativo e di accessibilità agli incentivi pubblici è parificato alle cooperative "S.p.A", provenienti dall’Emilia, dalla Lombardia e da altre regioni d’Italia, la cui impostazione imprenditoriale è più basata sul profit che sulla presa in carico della componente del disagio sociale, attraverso percorsi co-progettati e condivisi con i Servizi territoriali, che peraltro, continuano a riferirsi alle piccole e medie cooperative locali… Alla cooperazione sociale non servono dirigenti rampanti, servono meno holding o global service, meno franchising del sociale e maggiore promozione umana, dei territori e delle comunità locali; serve maggiore cultura sociale, prima di qualsiasi "illuminazione" economica ed imprenditoriale". "Circa le problematiche relative al mercato del lavoro degli operatori sociali privi di qualifica -prosegue Tondo-, è importantissimo prendere atto e rilevare a livello politico il problema, poichè gran parte degli operatori senza qualifica lavorano nelle cooperative sociali, che hanno in delega, da parte delle pubbliche amministrazioni, la gestione dei servizi. Operatori senza qualifica si trovano anche tra i dipendenti pubblici e in altre istituzioni private. E’ opportuno ricordare che i corsi autorizzati e promossi dalla Regione per OSS, rivolti ai disoccupati, sono suddivisi per provincia (si tratta di meno di circa 8 corsi di formazione). Calcolando che un corso accoglie circa 20 allievi è ovvio che si tratta di un numero inadeguato rispetto al fabbisogno del nostro territorio.
Ma c’è un ulteriore elemento di analisi che incide con ricadute negative sulla questione dell’assistenza non qualificata. La carenza che perdura ormai da anni, di infermieri professionali, ha portato le strutture sanitarie ad inserire nei propri organici, negli ultimi anni, oltre 1200 OSS, quale soluzione compensativa appunto al problema. Questo significa che un’alta percentuale del personale, che lavora nel sociale e che ha magari riqualificato e adeguato la propria professionalità passando ad OSS, viene nel giro di breve tempo assorbita dal settore sanitario. Insomma, la coperta è troppo corta e chi ha più potere di "tirarla" dalla propria parte è certamente il settore sanitario che offre contesti qualitativi di lavoro forse più ambiziosi di una casa di riposo e condizioni economiche superiori a quelle degli enti locali e delle cooperative sociali.
Il problema della carenza di operatori di assistenza qualificati è dunque (come lo era e lo è la carenza di infermieri professionali) un problema di competenza e di programmazione politica. Non è possibile delegare questo problema alle capacità di organizzazione delle ingole imprese sociali, per un motivo molto semplice: esse non sono accreditate per istituire corsi OSS. E’ necessaria dunque una ripianificazione dei sistemi formativi nella nostra regione e, come prevede la legge 328/00, una ridefinizione delle professioni socio-sanitarie. Il problema non riguarda solo l’assistenza geriatrica di base ma riguarda anche altre figure professionali: fisioterapisti, educatori, operatori psichiatrici, animatori. In generale deve essere ripensata la risposta ai nuovi bisogni che stanno emergendo, le problematicità sociali si stanno progressivamente modificando". "In merito al forte bisogno di dare tutela salariale ai lavoratori delle cooperative sociali e di colmare l’ampio gap retributivo nel settore socio-assistenziale-educativo fra lavoratori delle coop sociali ed altri che fanno le stesse identiche cose -precisa ancora Tondo-, si deve lavorare congiuntamente nei confronti dei committenti pubblici per far si che siano vincolanti ed applicati nelle gare d’appalto elementi di valutazione diversi dalla pura variabile economica per evitare la logica del massimo ribasso anche sulle gare "cosiddette sotto soglia". E’ solo con un maggiore coinvolgimento e disponibilità della Pubblica Amministrazione che si possono tentare di individuare possibili soluzione a una situazione che sembra quella tipica della coperta di Linus, cioè troppo corta per tenere insieme tutto quanto. Ed ovviamente la Regione dovrà avere un ruolo determinante, sia in termini di programmazione sia in termini di messa a disposizione di importanti risorse economiche e finanziarie". "Dovrà infine essere garantita -conclude Renzo Tondo- la massima collaborazione tra l’Amministrazione Regionale e le Vostre realtà, intese soprattutto come organi di rappresentanza delle coop sociali in seno a Lega coop, Conf coop e AGCI; i prossimi provvedimenti legislativi e soprattutto regolamentari dovranno nascere da una fortissima concertazione tra Amministrazione Regionale e Centrali Cooperative. Questo è in assoluto il mio primo grande impegno nei Vostri confronti".
vedremo che farà... | |
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