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 cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale

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ceghe
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MessaggioTitolo: cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale   cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale Icon_minipostedMar Mar 25, 2008 6:14 pm

documento elaborato dalle tre associazioni regionali
della Cooperazione Sociale e sottoposto alle/ai candidate/i alle
prossime elezioni regionali.

Citazione :
A.G.C.I. – Solidarietà regionale del FVG
Via Daniele Moro, 22
33100 Udine
C.C.I. – Federsolidarietà regionale del FVG
Via Marsala, 66
33100 Udine
Legacoopsociali regionale del FVG
Via Cernazai, 8
33100 Udine
La Cooperazione Sociale
e
la prossima legislatura regionale
Il settore è da sempre uno dei biglietti da visita della nostra Regione, fattore di
innovazione ed eccellenza europea. Gli oltre 8.300 occupati, di cui oltre novecento
persone con problematiche di svantaggio e di disabilità, testimoniano di un settore
importante in termini quantitativi e qualitativi, per la creazione di salute e benessere e per le
politiche di inclusione sociale.
La Cooperazione Sociale è diventata ormai protagonista della ideazione e gestione
delle politiche di Welfare regionali, partecipe in forma crescente in tutte le sedi di
confronto ad esse dedicate. La Cooperazione Sociale regionale unisce al suo carattere
innovativo e sperimentale un ruolo importante e consolidato sul territorio
nell’attuazione delle politiche di coesione sociale e di promozione di nuovi percorsi
lavorativi qualificati. Lasciatasi alle spalle e rifiutati programmaticamente ruoli subalterni
di mera esecuzione ed intermediazione di manodopera, la Cooperazione Sociale ambisce
ad un ruolo di protagonista di primo piano nei vari tavoli regionali e locali che
contribuiscono alla definizione delle politiche in materia sanitaria, sociale, educativa e
di inserimento lavorativo.
La passata legislatura è stata ricca di provvedimenti legislativi che hanno dato
nuove e migliori regole sia alle Cooperative Sociali che all’insieme del Welfare,
avviando in maniera organica una nuova fase di strutturazione dell’integrazione sociale e
sanitaria.
La priorità della legislatura 2008-2013 non è una nuova elaborazione legislativa
(con un’eccezione importante: il codice dei contratti, dove si attende la sanzione della
prevalenza della legislazione speciale di settore, dalle l.r. 6/2006 e 20/2006 alla legge
381/1991, prevista dagli artt. 27 e 28 del Disegno di legge approvato dalla Giunta
Regionale), quanto nell’emanazione dei provvedimenti regolamentari applicativi e
nell’adozione di pratiche amministrative coerenti da parte della Pubblica
Amministrazione locale.
Vogliamo sottolineare come l’emanazione dei regolamenti regionali dovrà seguire un
percorso concertato e condiviso con le associazioni del settore, superando quegli episodi
– purtroppo accaduti anche recentemente – di iniziative autonome da parte degli uffici, che
creano difficoltà e ritardi alle cooperative sociali e costringono l’amministrazione regionale
a laboriose pratiche di adattamento e correzione dei provvedimenti adottati.
Gli obiettivi per il prossimo quinquennio sono lo sviluppo dell’integrazione sociale e
sanitaria e la qualificazione delle Cooperative Sociali.
Saranno centrali le norme attuative delle lr. 20/2005, 6/2006 e 20/2006, quali le
procedure per l’accreditamento delle strutture e l’atto di indirizzo per gli affidamenti di
servizi al Terzo Settore. In tali documenti, insieme alla diffusione delle “buone pratiche”
nell’azione degli Enti Locali e delle varie strutture della Pubblica Amministrazione
regionale, vediamo la possibilità concreta di “uscire dalla necessità dell’appalto”, vero
limite al dispiegamento delle possibilità del settore.
Se i Piani di Zona appaiono come il luogo fisico ed istituzionale per l’attuazione di
nuove procedure di affidamento e di co-progettazione fra pubblico e cooperazione sociale (e
di individuazione di significative quote di affidamenti di lavori, forniture e servizi alla
cooperazione di inserimento lavorativo), vanno posti limiti alla crescita di fenomeni
incongrui (a causa della sovrapposizione nel loro agire di caratteri pubblicistici e
privatistici): come le Asp, che stanno ampliando le loro competenze anche al di là dei limiti
di legge e producono fenomeni massicci di intermediazione di manodopera. Una proposta –
oltre a quella scontata del rispetto rigoroso della legislazione vigente, e della necessità di
scegliere fra l’assunzione del personale “in house” o l’affidamento globale dei servizi –
potrebbe essere quella dell’ingresso istituzionale della Cooperazione Sociale negli
organismi delle Asp, come forma di coprogettazione e garanzia del settore. Va però
rilevato come sia inaccettabile che questi enti stiano ampliando la loro area operativa,
spesso sostituendosi alle strutture di partecipazione democratica preposte alla
programmazione e gestione dei servizi territoriali, vanificando il grande lavoro in corso
di realizzazione: è quindi quanto mai necessario fissarne e ridimensionarne gli spazi
operativi, per un interesse generale alla realizzazione di quella gestione partecipata che sta
alla radice dei processi di riforma sanitaria e sociale.
Altrettanto importante il sostanziale rifinanziamento della lr. 20/2006, senza il
quale le importanti previsioni di ampliamento dell’area dell’inclusione lavorativa e della
qualificazione dei servizi non potranno trovare risposta nella realtà. Le possibilità offerte dal
raddoppio del tetto del “de minimis” e dalle nuove previsioni di sviluppo degli
affidamenti di lavoro finalizzato alla cooperazione sociale “B” (fra cui emergono le
opportunità create dagli appositi incentivi regionali agli enti pubblici ed alle aziende
partecipate) sono oggi inapplicabili di fronte ad un congelamento dei finanziamenti al
livello “storico”, quando la necessità sarebbe al minimo di un raddoppio.
Il finanziamento al sociale non può essere messo in coda, dopo i rilevanti
finanziamenti all’economia “tradizionalmente imprenditoriale” (e profit) della regione.
Vanno risolti alcuni punti ancora controversi, per i quali la nostra Regione deve
diventare protagonista, come per il passato, del dialogo con l’Unione Europea, in
particolare riguardo al superamento dei limiti del “de minimis” per gli investimenti della
Cooperazione Sociale, gli inserimenti lavorativi e la formazione del settore, ed al
riconoscimento del settore, solo marginalmente rappresentato dalla nozione europea di
“laboratorio protetto”.
Si pongono alcuni problemi consistenti relativi al mercato del lavoro delle
operatrici e degli operatori sociali, per i quali sono necessari provvedimenti di creazione
di ammortizzatori sociali specifici ed una modifica delle modalità di programmazione
della formazione professionale e della definizione dei profili di ingresso degli
operatori:
a) servizi educativi, assistenza scolastica e domiciliare ai minori. Si manifestano
sistematicamente situazioni di mancanza di lavoro legate alle assenze per malattia dei
minori assistiti, che costringono senza programmazione i lavoratori ad astenersi dal lavoro
senza retribuzione (solo un Ambito Sociale, in Regione, prevede nel capitolato d’appalto
l’impiego alternativo e la corrispondente retribuzione per il personale in questi casi). La
situazione è aggravata dal fatto che il personale è generalmente impiegato a tempo parziale,
ma con orari rigidamente vincolati dalle prestazioni ai diversi utenti, rendendo spesso
difficile la mobilità interna;
b) assistenza residenziale agli anziani ed ai portatori di handicap. Si manifestano
altrettanto sistematicamente situazioni di dichiarazioni di non idoneità ai sensi del D. Lgs.
626, come effetto dei pesanti carichi fisici da mobilizzare. Alla dichiarazione di non idoneità
non corrispondono forme di integrazione salariale o di indennità pensionistica. La mobilità
interna è ostacolata dal fatto che si tratta di personale generalmente con scarsa
scolarizzazione (a fronte della necessità di un titolo di Laurea in Scienza dell’Educazione o
titoli equipollenti, generalizzata nel settore richiamato al punto precedente), e dal diffuso
inquadramento a tempo pieno. Per questi motivi iniziano a manifestarsi situazioni in cui le
Cooperative – in mancanza di iniziative di riconoscimento di equipollenza dell’anzianità di
servizio ai titoli, e di formazione e riqualificazione – sono costrette a licenziare il personale
non idoneo;
c) cooperative sociali “B”: si pone il problema della definizione della figura
dell’operatore dell’inserimento lavorativo. E della presenza di lavori fisicamente pesanti
(pulizie, facchinaggio, manutenzioni, ecc.) per i quali si pongono gli stessi problemi indicati
al punto precedente.
In tutti questi casi, si tratta anche di andare alla definizione di provvedimenti di
riconoscimento dell’anzianità maturata dalle operatrici e dagli operatori del settore, in
mancanza di titoli di formazione professionali definiti successivamente od ancora non
presenti. Uno strumento è anche la concertazione con le Università di percorsi di laurea
che tengano conto dei crediti formativi acquisiti in servizio.
Vanno individuate le soluzione per porre rimedio allo stato generale di
incertezza degli operatori del settore quanto alle loro qualifiche e mansioni. Ne sono
clamorosi esempi la strutturale carenza di OSS nei servizi sociali territoriali ed istituzionali,
ma anche l’indeterminatezza degli spazi operativi degli OSS e degli educatori quanto alla
distribuzione dei farmaci, vero e proprio tormentone nei servizi sociali pubblici,
destinati alla progressiva paralisi in presenza dell’attuale definizione delle competenze
rigidamente attribuite agli Infermieri Professionali.
Il rapporto fra Pubblica Amministrazione e Cooperazione Sociale non può non tener
conto delle dinamiche di tipo sindacale del settore, cronicamente in ritardo nella
definizione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro ed in difficoltà nel reperire le
risorse per attuarlo. A tal fine, va garantita e generalizzata la necessità di prevedere negli
affidamenti di servizi risorse economiche tali da retribuire adeguatamente le operatrici
e gli operatori e da parificare progressivamente le retribuzioni con quelle dei
dipendenti pubblici, abbattendo così quel tasso di turn-over nel settore che costituisce
uno dei principali ostacoli alla crescita della qualità delle prestazioni rivolte all’utenza.
Nell’ambito di questo ragionamento è necessario sia garantita in ogni procedura di
affidamento la revisione prezzi comprensiva del riconoscimento degli adeguamenti
periodici derivanti dalla contrattazione nazionale e di II livello.
Le retribuzioni della Cooperazione Sociale costituiscono una vera e propria
emergenza salariale, e contraddicono alla grande professionalità ed anche spesso allo
sforzo fisico dovuto a carichi di lavoro ed a turni gravosi. Le lavoratrici ed i lavoratori
del settore hanno diritto a certezze! La stessa vicenda dell’ennesimo ritardo strutturale nel
rinnovo del CCNL di settore (le organizzazioni sindacali nazionali hanno proceduto a
presentare la piattaforma con due anni di ritardo) pone la questione di implementare lo
spazio della contrattazione integrativa regionale, per garantire e recuperare quanto perso a
livello nazionale.
In tale quadro appare opportuno anche prevedere forme di certificazione regionale
del costo del lavoro, integrative di quelle previste dalla legislazione nazionale.
Certificazione che deve costituire il riferimento non solo per la valutazione del costo del
lavoro minimo in sede di affidamenti od appalti, ma anche nel caso di convenzioni su
progetto e per gli interventi finanziati direttamente dagli enti all’utenza, come nel caso
del Fondo per l’Autonomia Possibile e degli accreditamenti.
Si pone anche la questione di ridiscutere dell’assetto istituzionale del settore. E’
coerente con lo sviluppo e le finalità della Cooperazione Sociale l’inquadramento
all’interno dell’Assessorato alle Attività Produttive? Non apparirebbe più coerente
(fermo restando il mantenimento all’interno delle Attività Produttive dell’attività
istituzionale di vigilanza) il trasferimento alla Salute e Promozione Sociale? Parimenti, il
trasferimento alle Amministrazioni Provinciali (ente per il quale si continua a discutere di
superamento) non appare nella maggior parte dei casi un fattore di spreco di risorse e di
inefficienza?
Più in generale, si pone il problema della dotazione degli organici degli uffici che
seguono le pratiche in materia socio-sanitaria-educativa: l’esperienza di questi anni ha
rilevato come il principale limite nella relazione fra associazioni e cooperative sociali, da un
lato, ed amministrazione regionale, dall’altro, è stato costituito proprio dal ridotto organico
del personale preposto, con la conseguente poca disponibilità di tempo per seguire le
molteplici pratiche e scadenze.
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MessaggioTitolo: Re: cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale   cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale Icon_minipostedMer Mar 26, 2008 11:48 pm

da: http://www.itaca.coopsoc.it/node/1452
Citazione :
Illy: Per le Cooperative sociali all'Unione Europea
Mer, 26/03/2008 - 16:17 da Fabio Della Pietra
Impegno della Regione Friuli Venezia Giulia a portare all’attenzione dei massimi vertici dell’Unione Europea la questione del superamento dei limiti del “de minimis” per gli investimenti della Cooperazione sociale regionale. Lo ha annunciato il 26 marzo scorso il candidato a governatore per il centro sinistra, nonché presidente uscente del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, intervenendo presso la Casa della pietra di Duino Aurisina all’incontro con le Cooperative sociali regionali organizzato dalle tre centrali cooperative del Fvg A.G.C.I. – Solidarietà regionale, C.C.I. – Federsolidarietà regionale e Legacoopsociali regionale. All’incontro, che ha visto riunita una folta rappresentanza delle Cooperative sociali del Friuli Venezia Giulia, era presente anche l’assessore regionale uscente alla salute e protezione sociale, Ezio Beltrame.

Il presidente di Legacoopsociali Fvg, Gian Luigi Bettoli, ha presentato i lavori introducendo l’incontro-confronto tra i candidati alla presidenza (in via di definizione un appuntamento analogo con il candidato Renzo Tondo per il centro destra) sulle tematiche del settore e ha altresì fatto riferimento al documento elaborato dalla Cooperazione sociale (ed inviato ad entrambi i candidati) nato attraverso un confronto dal basso. Un manifesto profondamente unitario - ha sottolineato Bettoli -, che parte dalla considerazione che la Cooperazione sociale in regione è ormai divenuta non solo un punto di riferimento ma, di più, un punto avanzato all’interno del movimento cooperativo nazionale. In questo quinquennio l’Amministrazione regionale si è caratterizzata - ha evidenziato - come un interlocutore diverso rispetto a quella precedente. Il reciproco rapporto instauratosi con assessori estremamente corretti ed onesti nel lavorare con noi è stato un’ottima base di partenza, interlocutori che giudichiamo in maniera estremamente positiva. Restano tuttavia delle questioni aperte, dei nodi da sciogliere nel prossimo futuro soprattutto dal puto di vista degli atti attuativi. L’auspicio –ha chiosato Bettoli - è che questo tipo di confronto possa continuare negli anni futuri.

Dario Parisini, presidente di Federsolidarietà Fvg, partendo dal documento unitario predisposto della Cooperazione sociale regionale, ha evidenziato che la stagione appena conclusa è stata estremamente importante dal punto di vista legislativo. Sono stati cinque anni significativi, la Regione ha promosso una serie di norme molto importanti per il nostro movimento – ha affermato -, costituendo un patrimonio normativo considerevole. Per il prossimo futuro chiediamo non tanto altre norme, eccezion fatta per quella relativa ai codici degli appalti, ma soprattutto l’applicazione di quelle già elaborate: è tempo che si passi dalle norme ai provvedimenti applicativi.
Tra i principali nodi da sciogliere la questione dei Piani di zona, bisogna ora rendere applicabile il principio della sussidiarietà affinché la Cooperazione sociale divenga protagonista nella programmazione degli interventi sul territorio. Da affrontare in maniera compiuta anche il ruolo delle Asp, per le quali Parisini ha segnalato alcune criticità nei rapporti sul territorio regionale con alcune di esse: vanno definiti i ruoli delle Asp e della Cooperazione sociale. Tra i desiderata anche il necessario rifinanziamento della legge 20, per la quale attualmente sono previsti circa 2 milioni di euro l’anno, e la non più differibile esigenza di far crescere in particolare la Cooperazione sociale ‘B’ di inserimento lavorativo.
Chiediamo inoltre che la Regione si faccia parte attiva nell’applicazione del de minimis - ha sottolineato Parisini - rispetto ai finanziamenti che possiamo ottenere, gli incentivi dati alla Cooperazione sociale sono alla fine investimenti di natura pubblica. Il presidente di Federsolidarietà Fvg ha anche toccato il tema della qualifica e del riconoscimento degli operatori delle Cooperative sociali che, a parità di incombenze, professionalità e livello portano a casa molto meno degli operatori pubblici. Ancora sui livelli retributivi, ha ricordato come il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Cooperative sociali sia abbondantemente scaduto (da due anni), ponendo l’accento sulla necessità di parificare i livelli del pubblico e del privato-sociale: le stazioni appaltanti devono inserire negli appalti valori economici congrui con questo principio. Sono inoltre necessari – ha ricordato - ammortizzatori sociali per alcune specifiche attività svolte sul territorio, ad esempio per chi opera con anziani o disabili. Per ciò che concerne l’assetto istituzionale del settore, oggi la Cooperazione sociale è inserita all’interno delle attività produttive della Regione, noi ci sentiamo sì anche un soggetto economico – ha evidenziato - ma un po’ l’ultima ruota del carro. Come è comprensibile, prima vengono problemi del commercio, dell’industria, se fossimo collocati all’interno delle politiche sociali forse troveremmo la sede giusta.

Il presidente uscente della Regione Fvg, Riccardo Illy, ha esordito spiegando la strategia seguita nei trascorsi cinque anni e quella futura in caso di vittoria alle prossime elezioni regionali. Vogliamo puntare al rilancio dell’economia della regione – ha affermato -, perché l’economia produce occupazione e aumento delle risorse. Tra i punti di forza dell’eventuale prossimo mandato Illy intende dedicarsi con più attenzione alla questione della coesione sociale che, assieme allo sviluppo economico, sono aspetti che si sostengono a vicenda. Nei primi tre anni abbiamo soprattutto rilanciato l’economia regionale – ha dichiarato -. In quattro anni le entrate sono aumentate di 550 milioni di euro, ciò ha consentito di approvare diverse leggi come quelle sul buon lavoro, sull’immigrazione, sul riordino dei servizi sociali, o il finanziamento del fondo per la non autosufficienza.
Abbiamo compiuto un intervento strutturale sulla spesa sanitaria- ha successivamente rilevato -, costituendo l’azienda ospedaliera universitaria prima a Trieste poi a Udine. La dinamica della spesa sanitaria è oggi sotto il 4% mentre quella nazionale è pari al 7%. In futuro realizzeremo una ulteriore razionalizzazione della rete delle aziende territoriali, da sei intendiamo ridurle a tre, ma procederemo anche alla totale informatizzazione dei servizi sanitari attraverso la messa in rete delle strutture. Da questo ci si attende un ulteriore miglioramento nella qualità del servizio.
Illy ha altresì ricordato la già avvenuta approvazione del testo unico sulla Cooperazione, rammentando che il codice appalti - che so essere importantissimo - è già pronto, come del resto la legge sul riordino delle aziende territoriali. Riguardo al problema del de minimis, non ha inteso innestare grandissime speranze: cercheremo di convincere l’UE ed i suoi massimi vertici per far uscire gli aiuti per le Cooperative sociali, ma non voglio illudervi sul risultato. Il presidente uscente della Regione ha concluso il suo intervento ringraziando l’intero sistema della Cooperazione sociale del Friuli Venezia Giulia per la collaborazione data sin qui all’Amministrazione regionale, nonché per il positivo lavoro svolto soprattutto nella gestione dell’attività quotidiana in campo sociale e sociosanitario.

Ezio Beltrame, assessore regionale uscente alla salute e protezione sociale, dal canto suo ha ricordato gli obiettivi raggiunti in questi anni grazie anche all’universo della Cooperazione sociale. Tra le parole chiave del suo assessorato ha ricordato il sostegno alla natalità, la necessità di combattere la precarietà, ma anche prevenzione e ricerca. Beltrame ha poi richiamato che i servizi di assistenza domiciliare oggi vengono attuati a favore di 42 mila persone, i 2000 posti in più negli asili nido, le 64 h/settimana erogate dai servizi sociali (il dato di partenza era di 42), lo screening preventivo cui oggi si sottopone l’80% delle donne, tutti segnali oggettivi di cambiamento legati alla vita di ogni giorno.
Articolate le puntualizzazioni dell’assessore uscente scaturite da diversi interventi giunti dalla platea delle Cooperative sociali presenti.
Piani di zona: il processo riguardava una partenza dal basso, coinvolgendo tutti gli attori del territorio. Se ancora si rilevano alcune criticità, queste vanno certamente risolte, ma l’esperienza dei Pdz è importante. In alcuni distretti (periferici) ha avuto successo, in altri (più grandi) è ancora da perfezionare. Bisogna capire perché non ha funzionato e spingere verso orientamenti più positivi e innovativi. L’idea iniziale resta però positiva, ossia quella di una programmazione che deve nascere dal basso e partire dalle esperienze del territorio.
Appalti e offerta economicamente più vantaggiosa: nelle amministrazioni serve una programmazione che guardi al futuro non all’immediato. Rientra tra gli obiettivi che le amministrazioni si attengano a quanto previsto dalla legge 6, per far ciò è necessario spingere ad un cambiamento della cultura, innovazione partita con le leggi ma che oggi deve proseguire con il monitoraggio costante. E’ opportuno che si superi la logica delle gare d’appalto, ma vanno stabiliti dei termini, bisogna andare verso l’affidamento diretto dei servizi alla persona. Il punto è verificare se siamo sufficientemente maturi per un mercato sociale aperto dato che, come servizi pubblici, la Regione non è in grado di dare risposta a tutti i problemi della popolazione.
Contribuzione: l’amministrazione regionale è disponibile a trovare altre soluzioni, l’art. 14 della legge 20 va rifinanziato in maniera importante, soprattutto per l’inserimento delle persone svantaggiate dobbiamo dare un sostegno maggiore di quello attuale.
Asp: non si poteva scegliere la strada dell’immobilismo sulla questione Ipab, la legge 19 ha messo ordine prima vi era una organizzazione troppo frastagliata. Molte Asp hanno però pensato il loro ruolo in maniera sbagliata, i Comuni dovrebbero creare collaborazioni con le imprese del territorio non fare intermediazione di manodopera.

In conclusione il presidente di Legacoopsociali Fvg, Gian Luigi Bettoli, ha ricordato che sebbene in questi anni non si siano risolti tutti i problemi, è partita tuttavia una grande esperienza di democrazia sintetizzabile, ad esempio, nei Piani di zona, nella legge 23 che ha avuto il merito di riportare in Friuli Venezia Giulia lo sviluppo del processo della legge 328. Nei Pdz certo sono rilevabili alcuni limiti, ma quella era l’unica via per far sedere tutti gli interlocutori ad un tavolo comune, resta comunque un’esperienza che va affinata attraverso il setaccio di quelle migliori. Non abbiamo bisogno di nuove leggi ma di portare avanti quella rivoluzione culturale per il cambiamento dei processi mentali, prima che istituzionali, che ci consenta di far funzionare la macchina sociale a pieno regime. Noi come Cooperazione sociale siamo protagonisti, nel rapporto con le istituzioni siamo indubbiamente cresciuti anche a livello di autocoscienza. Per il futuro siamo obbligati a crescere ancora, è ora necessario investire sulle professionalità e sulle strutture. La Cooperazione sociale del Friuli Venezia Giulia pretende di avere non solo attenzione ma anche risposte pesanti dal punto di vista economico, siamo un settore importante dell’economia regionale che, come tale, va trattato.
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MessaggioTitolo: Re: cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale   cooperazione sociale e prossima amministrazione regionale Icon_minipostedMer Apr 16, 2008 11:51 am

nonostante i sindacati abbiano
appoggiato
Veltroni e già si possa parlare di possibile fusione delle centrali cooperative
(organiche al pd ovviamente) la destra ha stravinto le elezioni a
livello nazionale ma anche regionale. il movimento legacooperativo (che però è rosso e non verde...) però
aveva già visto lungo e (mentre alcuni esponenti di cda di
coop rosse si spostano in spa di area berlusconiana) le centrali cooperative avevano
chiesto e strappato nelle scorse settimane al neorigovernatore della regione fvg Tondo dichiarazioni
di intenti circa la cooperazione sociale (Tondo pare
metterà come assessore alla sanità l'attuale presidente
della Consulta regionale delle Associazioni dei disabili del Friuli
Venezia Giulia, Vladimir Kosic) che riporto di seguito... vedremo se
saranno solo chiacchiere... in realtà già lo sono dal
momento che mi pare siano dichiarazioni molto vaghe... comunque ecco
quanto detto:

Tondo: Maggiore concertazione tra Regione e Coop sociali


Citazione :

"Purtroppo il susseguirsi di impegni e l’incalzare della campagna
elettorale, non mi consentono di aderire all’invito rivolto, a nome di
tutte e tre le Centrali cooperative, di partecipare a un incontro
pubblico. Non volendo il mio essere assolutamente un atteggiamento di
"snobismo" nei confronti di un movimento, quello cooperativistico
sociale, ssolutamente importante per la nostra amata Regione, rispondo
con alcune note al documento" redatto dai massimi rappresentanti delle
tre Centrali Cooperative regionali. A parlare è Renzo Tondo, candidato
alla presidenza della Regione Friuli Venezia Giulia per il centro
destra.
"Innanzitutto devo evidenziare che ad oggi, nell’ambito dei livelli
superiori delle varie Amministrazioni Comunali, manca ancora una certa
sensibilità nel riconoscere l’importanza del ruolo della cooperazione
sociale di tipo B e delle modalità di riconoscimento e valorizzazione
di quei soggetti che si fanno carico, più di altri, delle persone con
problematiche di svantaggio e di disabilità -dichiara Tondo-. Gli
appalti tendono ancora a pesare criteri basati sul dimensionamento e
sugli indici di struttura, a scapito della piccola e media cooperazione
sociale, anche emergente. In questo scenario (profondamente cambiato
negli ultimi 10 anni), le procedure di affidamento dei servizi
rappresentano sempre più delle piattaforme di consolidamento e di
rilancio per tutti quei soggetti di grosse dimensioni, molti dei quali
sono lontani dalle politiche di inclusione sociale e di promozione
degli inserimenti lavorativi di persone svantaggiate.

Questo fenomeno, sempre più frequente anche nella
nostra regione, tende a penalizzare la crescita ed il radicamento delle
piccole e medie realtà, il cui trattamento fiscale, normativo e di
accessibilità agli incentivi pubblici è parificato alle cooperative
"S.p.A", provenienti dall’Emilia, dalla Lombardia e da altre regioni
d’Italia, la cui impostazione imprenditoriale è più basata sul profit
che sulla presa in carico della componente del disagio sociale,
attraverso percorsi co-progettati e condivisi con i Servizi
territoriali, che peraltro, continuano a riferirsi alle piccole e medie
cooperative locali… Alla cooperazione sociale non servono dirigenti
rampanti, servono meno holding o global service, meno franchising del
sociale e maggiore promozione umana, dei territori e delle comunità
locali; serve maggiore cultura sociale, prima di qualsiasi
"illuminazione" economica ed imprenditoriale".
"Circa le problematiche relative al mercato del lavoro degli
operatori sociali privi di qualifica -prosegue Tondo-, è
importantissimo prendere atto e rilevare a livello politico il
problema, poichè gran parte degli operatori senza qualifica lavorano
nelle cooperative sociali, che hanno in delega, da parte delle
pubbliche amministrazioni, la gestione dei servizi. Operatori senza
qualifica si trovano anche tra i dipendenti pubblici e in altre
istituzioni private. E’ opportuno ricordare che i corsi autorizzati e
promossi dalla Regione per OSS, rivolti ai disoccupati, sono suddivisi
per provincia (si tratta di meno di circa 8 corsi di formazione).
Calcolando che un corso accoglie circa 20 allievi è ovvio che si tratta
di un numero inadeguato rispetto al fabbisogno del nostro territorio.

Ma c’è un ulteriore elemento di analisi che incide
con ricadute negative sulla questione dell’assistenza non qualificata.
La carenza che perdura ormai da anni, di infermieri professionali, ha
portato le strutture sanitarie ad inserire nei propri organici, negli
ultimi anni, oltre 1200 OSS, quale soluzione compensativa appunto al
problema. Questo significa che un’alta percentuale del personale, che
lavora nel sociale e che ha magari riqualificato e adeguato la propria
professionalità passando ad OSS, viene nel giro di breve tempo
assorbita dal settore sanitario. Insomma, la coperta è troppo corta e
chi ha più potere di "tirarla" dalla propria parte è certamente il
settore sanitario che offre contesti qualitativi di lavoro forse più
ambiziosi di una casa di riposo e condizioni economiche superiori a
quelle degli enti locali e delle cooperative sociali.

Il problema della carenza di operatori di
assistenza qualificati è dunque (come lo era e lo è la carenza di
infermieri professionali) un problema di competenza e di programmazione
politica. Non è possibile delegare questo problema alle capacità di
organizzazione delle ingole imprese sociali, per un motivo molto
semplice: esse non sono accreditate per istituire corsi OSS. E’
necessaria dunque una ripianificazione dei sistemi formativi nella
nostra regione e, come prevede la legge 328/00, una ridefinizione delle
professioni socio-sanitarie. Il problema non riguarda solo l’assistenza
geriatrica di base ma riguarda anche altre figure professionali:
fisioterapisti, educatori, operatori psichiatrici, animatori. In
generale deve essere ripensata la risposta ai nuovi bisogni che stanno
emergendo, le problematicità sociali si stanno progressivamente
modificando".
"In merito al forte bisogno di dare tutela salariale ai lavoratori
delle cooperative sociali e di colmare l’ampio gap retributivo nel
settore socio-assistenziale-educativo fra lavoratori delle coop sociali
ed altri che fanno le stesse identiche cose -precisa ancora Tondo-, si
deve lavorare congiuntamente nei confronti dei committenti pubblici per
far si che siano vincolanti ed applicati nelle gare d’appalto elementi
di valutazione diversi dalla pura variabile economica per evitare la
logica del massimo ribasso anche sulle gare "cosiddette sotto soglia".
E’ solo con un maggiore coinvolgimento e disponibilità della Pubblica
Amministrazione che si possono tentare di individuare possibili
soluzione a una situazione che sembra quella tipica della coperta di
Linus, cioè troppo corta per tenere insieme tutto quanto. Ed ovviamente
la Regione dovrà avere un ruolo determinante, sia in termini di
programmazione sia in termini di messa a disposizione di importanti
risorse economiche e finanziarie".
"Dovrà infine essere garantita -conclude Renzo Tondo- la massima
collaborazione tra l’Amministrazione Regionale e le Vostre realtà,
intese soprattutto come organi di rappresentanza delle coop sociali in
seno a Lega coop, Conf coop e AGCI; i prossimi provvedimenti
legislativi e soprattutto regolamentari dovranno nascere da una
fortissima concertazione tra Amministrazione Regionale e Centrali
Cooperative. Questo è in assoluto il mio primo grande impegno nei
Vostri confronti".



vedremo che farà...
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